È consuetudine ad inizio anno fare delle previsioni. È appena cominciato il 2020, ma vorrei spingermi più in là e guardare ancora oltre per proiettarmi nel 2030. Tra dieci anni non serviranno più le soft skills, né più né meno di quanto sono utili oggi, lo erano in passato e lo saranno in futuro. Secondo me è urgente una riflessione pacata sulla conoscenza e chiarire perché nel titolo ho urlato sul tema delle soft skills. L’intestazione allarmistica, apparentemente apodittica, del post non è evidente di per sé e non logicamente inconfutabile. Il titolo ha bisogno di qualche spiegazione ragionevole, soprattutto oggi che siamo abituati a nutrire il nostro pensiero con informazioni omogenizzate e gridate.
È ricorrente sentire affermare che le soft skills, o competenze non tecniche, sono quelle più richieste dai datori di lavoro. Sono quelle che più servono per la competitività dell’impresa nell’era della transizione digitale e dell’incertezza economica. Sono quelle che più servono ai lavoratori, sia per le persone in cerca di lavoro sia per chi deve continuamente aggiornarsi e cambiare mansione. Ma ne siamo proprio sicuri?
Veniamo al dunque ed esaminiamo alcuni dei motivi per cui sostengo che nella formazione è ancora importante continuare a rafforzare e sviluppare conoscenze al fine di una migliore spendibilità della propria professionalità.
Ad esempio, se effettivamente si vuole tentare di dare delle risposte concrete alla “Generazione Greta” serviranno nuove conoscenze e non solo le soft skills: abilità sociali (comunicazione, lavoro in gruppo, gestione delle emozioni…) e gestionali (gestione del tempo, risoluzione di problemi, pensiero critico…).
Tentate di immaginare i benefici che ci può dare un gruppo di scienziati molto affiatato, che comunica in modo assertivo e gestisce bene il tempo, ma ha scarse conoscenze dell’ambito di ricerca. Il fatto che tante informazioni siano a portata di un click non esime i nostri scienziati dallo studio e dalla ricerca di nuove conoscenze, al continuo confronto sperimentale tra precedenti conoscenze con altre conoscenze.
Provate ora a comprendere cosa succede ad un livello più operativo ed esecutivo ed immaginare di formare degli operai affinché diventino un gruppo di lavoro. Prima o poi, con un metodo o con un altro, si dovrà pur sempre aiutarli a capire come si comunica efficacemente, come si ascolta attivamente, come si comporta un team di successo, eccetera eccetera. Ora, queste capacità sono fatte solo di soft skills o implicano sempre e comunque delle conoscenze minime ed essenziali?
Taluni sostengono che le conoscenze si possono reperire in fretta e sono più facilmente quantificabili, mentre le soft skills sono più difficili da sviluppare e valutare, soprattutto sono qualità che non tutti hanno. Questa opinione non è sufficiente a dimostrare la priorità, quasi indiscussa, assegnata oggi alle competenze non tecniche, a discapito della paziente coltivazione di approfondite conoscenze per affrontare le sfide del futuro.
Non dimentichiamoci che per la Commissione Europea i pilastri della competenza sono quattro:
- caratteristiche individuali
- attitudini
- conoscenza
- abilità (hard e soft skills).
Inoltre, se vogliamo conoscere cosa possono fare i lavoratori per prepararsi ai cambiamento in corso, possiamo provare a studiare cosa scrive l’IFTF (Institute for the Future) di Palo Alto nel report: Future Work Skills
È un documento del 2011 e anticipa cosa dovrebbe succedere quest’anno nel 2020 (qui contraddico l’attacco del post sul 2030) ma mi sembra spieghi bene come le 10 competenze del futuro siano intrise di conoscenza e non solo di soft skills. Ecco l’elenco:
- Sense Making
- Social Intelligence
- Adaptive Thinking
- Competenze Cross-Cultural
- Pensiero Computazionale
- New Media Literacy
- Transdisciplinarity
- Design Mindset
- Cognitive Load Management
- Virtual Collaboration
Per concludere ne esplicito alcune.
La transdisciplinarità, ad esempio, comporta la capacità di comprensione di contenuti multidisciplinari. Ciò richiede senso di curiosità e volontà di apprendimento costante di conoscenze diverse dalla propria specializzazione, sapendo dialogare almeno con un altro campo disciplinare senza dover diventare a tutti i costi tuttologi.
Non solo, il Design Mindset è la capacità di rappresentare e sviluppare processi lavorativi per ciascun risultato atteso. Ma badate, questo obiettivo può essere raggiunto con il problem solving e ampliando la sfera della proprie conoscenze di base, generali e specifiche.
Infine, alcune di queste cose non le sapevo, e tantomeno le avrei scritte per We Work Well, se non mi mettevo di buona lena a cercare, leggere, capire e a mettere insieme la mie attuali conoscenze con quelle nuove studiate: Cognitive Load Management. Ed ora con un rapido click, Virtual Collaboration, mando l’articolo ai colleghi per la pubblicazione (loro già conoscono e condividono il piano editoriale pianificato insieme). Buon 2020.